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La paura


“Se abbiamo paura, il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli delle gambe, rendendo più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto, momentaneamente irrorato (ecco da dove viene la sensazione che “si geli il sangue”). Allo stesso tempo, il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento, forse per valutare se non convenga nascondersi. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mettono l’organismo in uno stato generale di allerta, preparandolo all’azione e fissando l’attenzione alla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore”. Goleman, “Intelligenza emotiva”.

La paura è una importante forma di difesa messa in atto più o meno consapevolmente dall’ individuo e di per sé non è negativa. La reazione della paura è stata essenziale ai fini della sopravvivenza nel corso dell’evoluzione. Si pensi, inoltre a come la preoccupazione abbia un ruolo positivo quando viene vissuta come stimolo a meditare su un problema, cercando di trovare una soluzione. Il problema, afferma Goleman sorge quando “le preoccupazioni diventano croniche e ripetitive, si riciclano all’infinito senza mai trovare una soluzione positiva.(…) Quando questo ciclo di preoccupazione persiste e si intensifica, esso sfuma in veri e propri sequestri emozionali, ossia in disturbi ansiosi, fobie…”: la mente e la ragione vengono prese in ostaggio e non si è più in grado di pensare in maniera lucida e costruttiva. La paura ha una memoria che può attraversare intere generazioni, quindi ha origine dalla storia delle persone e precisamente sia dalle vicende individuali che da quelle della propria specie.

Una riflessione per noi docenti: le ricadute nella vita scolastica. Pensiamo ora a cosa succede a scuola, l’ambiente dove incontriamo gli alunni. Quali sono le paure dei nostri alunni? Se parlassimo in senso strettamente scolastico, dovremmo già rendercene conto da soli: la paura dell’errore. “Se gli errori che i bambini compiono a scuola causano dolore, perché accompagnati da emozioni sgradite, l’alert che si stabilisce nella loro memoria è ‘Scappa’, non è ‘Affronta l’errore e modificalo’ (….). Se il bambino impara con “noia, paura, ansia, si attiverà l’alert: la risposta della mente trasmetterà il messaggio ‘Scappa da qui, perché ti fa male’”. (D. Lucangeli, “Cinque lezioni sull’emozione di apprendere”). Ecco perché in diversi alunni la paura può trasformarsi in un ostacolo per l’apprendimento. Questa paura che i nostri alunni sentono, dovrebbe riguardarci molto da vicino e far nascere in noi il desiderio di creare degli ambienti di apprendimento favorevoli, stimolanti e motivanti oltre ad aiutare i bambini, i ragazzi a trovare le risorse in quegli alleati che possono ridurre o eliminare la paura: il diritto di sbagliare e il coraggio il “non temere”.

La paura nella Bibbia

Il sentimento della paura compare in molte forme e in molte situazioni anche nel testo biblico: paura di ciò che non si conosce, di ciò che è diverso, di ciò che è incontrollabile e mistero imperscrutabile, paura della malattia, della morte. Inoltre anche la paura di realizzare un progetto, un destino, un compito che viene affidato.

Diversi uomini nella Bibbia hanno mostrato di aver paura possiamo ascoltare le loro storie: Giona, Geremia, Isaia, Mosè fino a Giuseppe e Maria.

Giona

A lui il Signore destina il compito di andare a predicare la conversione a Ninive, considerata una città nemica e pericolosa. Giona non accetta il compito assegnato da Dio e decide di partire per una città molto lontana da Ninive e dalla parte opposta: Tarsis.

«Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore». Dio persevera nel suo progetto che Giona dovrà realizzare. E la nave di Giona viene travolta da una forte tempesta che, spaventa i marinai, ma non Giona, che rimane calmo, tranquillo, perché sta fuggendo da una paura più grande: la sua missione a Ninive. Ma la tempesta non si placa e Giona, percepita la paura e i sospetti dei marinai, ordina: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia». Giona una volta in mare, non ha più paura; verrà inghiottito da un grosso pesce e successivamente, libero da questo, decide di accettare la missione e si dirige a Ninive. La predicazione ai cittadini di Ninive andrà bene, si convertiranno. Ma Giona non riuscirà mai a godere fino in fondo della gioia della riuscita del suo compito proprio a causa della paura che lui aveva messo al di sopra del suo fine. E questo lo ha reso incapace di assaporare fino in fondo quanto gli era stato destinato.

“Non temere”

Questa espressione ricorre nella Bibbia circa 41 volte nell'AT e 27 volte nel NT, e accompagna, nella maggioranza dei casi, una chiamata di vocazione. A coloro che Dio chiama e che rispondono con le loro paure, Dio dice “Non temere”.

Geremia, alla chiamata di Dio risponde: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane» Ger 1,6.

Isaia escama: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito» Is 6,5

Mosè, aveva già vissuto un fallimento quando aveva reagito alla condizione di schiavitù del suo popolo con il gesto che gli causò l’esilio nel territorio di Madian. Tornare in Egitto per chiedere la libertà del suo popolo non è un’idea che accoglie con entusiasmo e comunica a Dio le sue riserve: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?»; Es 3,11 «Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono stato né ieri né ieri l’altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua». Es 4,10

Le obiezioni di Mosè sono sono realistiche e comprensibilissime e la sua paura è positiva perché è la percezione del limite delle proprie capacità che lo porta a diventare consapevole del suo compito, che poi porterà a termine con successo. La paura viene trasformata in risorsa per affrontare bene il percorso dell’obiettivo da raggiungere.

Anche a Maria e Giuseppe «non avere paura» rappresenta l'invito a guardare la realtà con tutte le sue difficoltà ma anche la potenzialità di questa.

Nell’ambiente giudaico del primo secolo, grande era l’attesa del Messia. Ma molti di coloro che si erano proposti come tali, avevano concluso tragicamente il loro percorso. Ricordiamo il discorso di Gamaliele al Sinedrio: “Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero”. At 5,36-37

A Maria e Giuseppe viene chiesto di “non avere paura” nonostante la situazione fosse davvero complicata: Maria era già incinta, ma sia lei che Giuseppe non avevano compiuto nessun atto generativo. Inoltre viene loro chiesto di credere che il nascituro sarebbe stato il Messia di Israele tanto atteso. Giuseppe deve superare la paura che Maria lo stia ingannando, e Maria deve invece superare la paura che Giuseppe possa ripudiarla pubblicamente, con la conseguente lapidazione. E come se non bastasse: dove trovare la forza di credere che il bambino atteso che sarebbe diventato il «salvatore»?

Primo passo: Maria e Giuseppe devono superate la paura l’uno dell’altra, devono avere fede;

Secondo passo: devono aprirsi alla novità, aprirsi a nuovi grandi orizzonti, portatori di vita.

Conclusioni: la paura non si può eliminare, ma può essere trasformata in forza per aprirsi al nuovo.

VIDEO


La visione del video può essere assegnata per casa per creare aspettative.

1 Lezione

Scopriamo le nostre paure.

A inizio lezione disporremo una scatola con una fessura sul coperchio in cui ciascun alunno, dopo un tempo ragionevole (5 minuti), può inserire un foglietto in cui abbia scritto qual è la sua paura più grande. In DAD la stessa cosa potrebbe essere realizzata attraverso la chat, si può fare in modo che la chat sia condivisa solo con l’host che è l’insegnante, e in questo modo si garantisce la privacy di ciascuno.

Al termine, l’insegnante potrà leggere a voce alta tutte le paure indicate dalla classe: esempio paura della morte, paura di malattie, paura dell’altro/diverso, paura di non riuscire, paura della solitudine… e contemporaneamente invitare gli alunni a indicare se esistono paure positive e paure negative. Sicuramente usciranno tante idee interessanti e potrebbe verificarsi anche la difficoltà a classificare la paura in queste due categorie. Ma questo può essere solo uno stimolo positivo per la discussione.



2 Lezione

La paura nella Bibbia e gli alleati contro la paura

Ma la Bibbia parla di paura?

Proporre la lettura di una delle vicende dei personaggi descritti sopra. Possono essere utilizzati cartoni animati per i bambini più piccoli, per i grandi direi che la lettura dal testo biblico non è una cattiva idea! Abituarli al racconto, attraverso una buona lettura è possibile anche con la DAD!

Al termine della lettura passare alla riflessione attraverso 3 step che possono aiutare i nostri studenti a radicare nella vita reale il pensiero critico, la riflessione e di conseguenza a trovare soluzioni ai problemi. Le domande vanno poste in sequenza con il tempo per scrivere su un foglio in maniera sintetica le idee:

1) Indicare sinteticamente una situazione della vita reale simile al racconto ascoltato.

2) Individuare, rispetto al contesto indicato, le paure.

3) Proporre una via di uscita attraverso una risorsa.

Ad ogni step possiamo dedicare 3 minuti per pensare individualmente e 5/10 minuti per ascoltare i risultati con la classe. (I tempi possono essere adattati a seconda delle necessità).





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